Quale figura stereotipata di Milano ti piace di più?
L’artista ossessionato dalla moda: molti credono che sia una passione superficiale, ma in realtà è amore per l’estetica, i dettagli e l’identità visiva. Milano crea e giudica, il che può essere stressante, ma anche davvero stimolante.
E quale odi invece?
Il milanese freddo e scostante. Non è sempre vero, ma quando lo è, si sente. La creatività ha bisogno di apertura: l’isolamento annienta l’energia.
Qual è un piatto tipico di Milano che chiunque dovrebbe assaggiare?
Il grande classico: il risotto allo zafferano con l’ossobuco. Intenso, elegante e profondamente radicato nell’identità milanese.
E dove dovremmo andare a mangiarlo?
Alla Trattoria Conca, in zona San Gottardo. Una cucina senza fronzoli, onesta e genuina. Lo preparano esattamente come va fatto.
Come trovi serenità in una città così frenetica? Dove vai?
Nel mio studio, dove sono circondato da tele, bombolette spray, colori, dai miei fratelli creativi e dal mio team. È lì che prendo fiato e mi ricarico.
Cosa consiglieresti a chi visita Milano per la prima volta?
Dimentica i monumenti da cartolina: vai a Porta Genova, NoLo, Lambrate. Osserva i muri, entra nei bar di quartiere, esplora le gallerie indipendenti. Milano non la trovi in superficie: devi scavare a fondo con curiosità.